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Agricoltura rigenerativa: oltre il Bio?

L’ autunno tra gli olivi e i vigneti segna una pausa di riflessione, i rumori antropici scompaiono, rimangono indelebili i ricordi di una stagione di coltivazione ed i ritmi ora naturali aprono a riflessioni e ragionamenti. E così capita che, camminando nei terreni, nella mattine fredde di Novembre, mi chiedo quale è la strada corretta da intraprendere, quali sono i nostri doveri, quali le nostre responsabilità. Domande forti a cui spesso, il vorticoso scorrere del tempo e delle nostre azioni durante l’anno, non ci permette di rispondere.

La nostra azienda è biologica da circa 15 anni o più,… forse (purtroppo le mie memorie di cinquantenne accennano dei segnali di mancanza ed oblio!); il tema però, forte, impetuoso è se questa è la via corretta, se questo è il binario eticamente esatto per coltivare i nostri campi.

Ed ecco che si aprono scenari nuovi con temi a largo spettro che poi diventano estremamente attuali e incredibilmente calati nelle nostre azioni: discutiamo di biologico, agrobiologico, agricoltura rigenerativa.

Termini non del tutto nuovi, il cui orizzonte non è ben delianeato, i cui confini, spesso, si sovrappongono o, comunque, rimangono evanescenti confondendo i più.

Biologico oggi è qualcosa di esatto, codificato, normato nel più piccolo particolare; agricoltura rigenerativa è un concetto ampio, uno strumento potente con ampia libertà di chi ne applica i principi.

Ma normare equivale a migliorare? O normare equivale a ridurre, ridurre le visioni, gli orizzonti, l’immaginazione, la potenza nel vivere e condividere. Indubbiamente è nell’essere uomo schematizzare e porre paletti spesso inviolabili, nel tentativo di creare ordine riducendo nel contempo quello che ci distingue, ovvero la fantasia, il pensiero, la capacità di immaginare e sviluppare. Nel 5 Maggio è  parafrasato “ai posteri l’ardua sentenza!”

Ma cosa significa agricoltura rigenerativa? Quale è il suo più intrensico valore oltre la propaganda mediatica che numerose multinazionali esercitano, per apparire “green”?

La partenza, l’inizio è un semplice concetto, antichissimo, quasi banale ma estremamente difficile da realizzare: la conservazione e la salvaguardia del suolo coltivato e l’aumento della ricchezza del carbonioo dello stesso.

Ogni nostra azione di coltivazione depaupera il terreno, riduce la fertilità, sposta l’asse dell’ecosistema in cui viviamo e condividiamo le nostre colture agricole; ovviamente nostro compito è ottenere il meglio dalle nostre produzioni senza intaccare il suolo ed anzi arricchendolo. Si supera il concetto di difesa e prosperità individuale e avanza il concetto di interazione con tutte le altre piante, animali, insetti, suolo e clima. Di fatto agricoltura rigenerativa è propria di ogni agricoltore che la cala nel suo mondo e ne trae il meglio per il suo ecosistema e la sua comunità rurale con forte senso etico di comunità.

Il modello esempio è la foresta pluviale brasiliana dove l’ecosistema nasce e sopravvive con la verticalità delle piante ed una incredibile varietà di specie di flora e fauna che si riproducono in maniera assolutamente naturale e funzionano alla stessa stregua di un organismo, dove l’equilibrio regna sovrano. L’opposto sono le aree desertificate nelle quali non esiste copertura vegetale e vita di suolo; aree, quasi sempre, create dalla miopia del genere umano e dal suo deviato concetto di superuomo, certamente non corrispondente all’idea di Nietzsche.

Perchè il suolo non è altro che un organismo vivente (non pensiamolo semplicemente come “terra materica”), con tutte le problematiche ad esso legate e connesse che interagisce con il clima e, oggi, con l’attività antropica dell’essere umano, chiaramente la specie dominante sul pianeta, capace di modificare in maniera tangibile gli equilibri a suo vantaggio e, spesso, a svantaggio di tutto il resto.

Difficile trovare indicatori certi di agricoltura rigenerativa, ma esistono principi fondamentali sui quali basare le nostre azioni:

Salute del suolo con la sua protezione, attraverso l’arricchimento in sostanza organica, riducendo l’erosione e proteggendo la vita invisibile ovvero la vita microbica;

Biodiversità, aumentando la varietà di piante, animali, la resilienza degli ecosistemi ed in generale la coesistenza positiva delle specie nell’ambiente;

Minimo disturbo:  ovvero lavorazioni agrarie intelligenti, non invasive ma inclusive per preservare la flora microbica e la fertilità;

Integrazione degli animali da allevamento e selvatici, delle piante, della comunità rurale ed in generale maggiore attenzione alla salute delle persone coinvolte e alla creazione di legami armonici, stabili;

Sequestro del carbonio sfruttando, ovviamente, la fotosintesi clorofilliana per la fissazione dello stesso nel terreno, quindi protezione della flora e creazione delle migliori condizioni perché essa possa svolgere il proprio compito;

Eliminare o ridurre le sostanze chimiche e l’uso di fertilizzanti e pesticidi nel terreno con un principio etico di utilizzo responsabile e consono per la produzione e il rispetto;

Gestione dell’acqua.

Ho menzionato per ultimo proprio l’acqua perchè in realtà è ai primi posti per importanza nell’agricoltura rigenerativa. Si parla oggi di Keyline che spazia dalla keyline di design, alla keyline coltivation pattern e alla ripuntatura keyline. Negli anni ‘70 P.A. Yeomans già proponeva metodi di progettazione basati sulla frame, sulla struttura di un ecosistema, addirittura per progettare “città foreste”, mettendo in ordine di importanza il clima, la geografia-morfologia, la gestione dell’acqua, gli accessi per gestire la stessa , la vegetazione arborea e le costruzioni.

Dal keyline design che è, ovviamente concetto teorico, si sviluppa e origina la coltivazione in keyline applicata, dove si tracciano linee per il rispetto del suolo e della gestione dell’acqua, dalle zone più ricche alle zone più aride secondo linee di displuvio. L’effetto della ridistribuzione dell’acqua è fondamentale per la vita e il sostentamento. Questo è basilare e cardine.

Ma in pratica nei nostri terreni quali sono le azioni migliorative in questo senso? Sicuramente la ripuntatura (oggi ripuntatura in keyline) che governa e regima la circolazione dell’acqua nel suolo, arieggiandolo senza intaccarne il profilo e la vitalità e la copertura vegetale spontanea o in cover crops.

Strumento potentissimo la ripuntatura, che pensiona di fatto l’aratura come l’abbiamo sempre concepita, la quale depaupera il terreno riducendo la flora microbica e alterando l’ecosistema. L’azione verticale del ripuntatore, invece, arieggia il terreno e regima l’acqua, eliminando le condizioni asfittiche create dal passaggio dei mezzi meccanici durante la stagione di coltivazione. L’azione di taglio, inoltre, d’inverno, rompe parte del capillizio radicale inducendo le piante ad un suo rinnovo migliorando durante l’anno l’assorbimento di elementi nutritivi. Appare chiaro che il suolo inteso come organismo vivente ed aerobico, necessita di ossigeno e più questo elemento è a disposizione maggiore è la capacità ritentiva dello stesso. All’opposto l’asfissia generata da compattamento, mancanza di copertura vegetale e sostanza organica, depaurara e riduce la vita microbica ed in generale la sua fertilità.

In tandem le cover crops nelle colture agrarie rappresentano la migliore diversificazione di flora associata ai prati polifiti. In qiuesto senso un tappeto vegetale complesso aumenta la fertilità del terreno con il ritorno di sostanza organica, riduce la temperatiura del suolo grazie alla sua spessa coltre e permette una vita microbica complessa con equilibrio di specie utili, antagoniste e specie dannose, permettendo la riduzione dei trattamenti fitosanitari

Ed ecco che, ritornando dai miei oliveti, come un viaggio circolare, mi pongo domande sulle mie azioni (alla Jiacopo Ortis, per intenderci), mi calo nel mio ecosistema, nella mia ruralità e concepisco la libertà di agire, la responsabilità di governare un territorio che dipende dalle mie azioni; un territorio fragile che tutti gli anni mi garantisce produzione e, nel rispetto e nell’etica di una comunità rurale deve essere preservato e, se possibile, arricchito.

Un concetto di agricoltura rigenerativa.

Marco Penitenti